Francois Carrier/Michel Lambert/Alexey Lapin

The Russian Concerts Volume 2

SABATO 11 OTTOBRE 2014

 

The Russian Concerts Vol. 2

Sebbene in dottrina continui la lotta tra coloro che ritengono che la musica abbia il potere di evocare emozioni dirette e quelli che invece pensano ad una fredda ed estemporanea produzione artificiale della mente, sembra che sia un punto fermo il fatto di corrispondere alla musica un motivo biologico ulteriore all’ascolto o alla produzione musicale e cioè il fatto di motivare dal punto di vista umorale e sociale: è un particolare elemento che si forma nelle aggregazioni musicali e che riempe i desideri di piacere e felicità degli artisti e in via mediata degli ascoltatori. La cosiddetta funzione empatica non può essere esclusa e soprattutto può essere trasferita a coloro che la ascoltano: Levinson, sulla scorta dei saggi di Aristotele, diceva che tramite la musica si possono ottenere parecchie ricompense; si potevano delineare sentimenti identificativi di un’espressione interiore dell’artista, in una sorta di simulazione sonora messa al cospetto del pubblico, in cui individuare la personalità del musicista, la propria tavolozza di sentimenti e il transfer utile per la comprensione di essi.

Uno degli elementi che caratterizza lo spirito improvvisativo è proprio quella catarsi emozionale che regge l’ispirazione dei musicisti: il secondo volume dei concerti russi del trio Carrier-Lambert-Lapin vi porta proprio in quei meandri che hanno elevato a potenza il rapporto tra suoni e risposta fisiologica. I tre sets del cd che rappresentano serate condotte al Nikitskaya Jewish Cultural Center di Mosca (JCC), all’Experimental Sound Gallery e al JFC Jazz Club di San Pietroburgo, sono ancora esempi immacolati di free jazz teso a cogliere, attraverso lunghe direzionalità, le empatie tra i musicisti e, come nella miglior tradizione di Coltrane, rivestirle di una carica energetica tutto frutto della padronanza e della potenza d’urto profusa agli strumenti. Coltrane si avventurava anche nella trance spirituale, il trio invece gioca la carta dell’approccio art, lunghe improvvisazioni in cui scorporare elementi di vitalità di un dipinto energy paintings o l’umore di una galleria d’arte di New York; è un’impressione sonora che resta un segnale percepibile anche nelle menti relativamente più apatiche; vi assicuro che questo tipizzante sound, che il trio canadese-russo ha chiaramente modificato unendo l’improvvisazione jazzistica alla propria inclinazione sound art, è roba che non trovate in giro facilmente, almeno a questi livelli. Resta fondamentalmente collegato al primo volume e forse ne costituisce anche un miglioramento nei risultati raggiunti. In “Russian Concerts vol. 2” troverete tutte i tratti caratterizzanti menzionati da Juslin & Vastfjall che scatenano i meccanismi emotivi di risposta alla musica (riflessi celebrali, condizione valutativa, immaginazione visuale, memoria episodica ed aspettativa musicale). La musica del trio viaggia oramai su coordinate che tendono ad impostare una diretta ed immediata progettualità tra suoni, melodie e dissonanze. Con tre musicisti in questa forma smagliante difficilmente si può evitare di inserire questi documenti sonori nei più preziosi riferimenti delle loro discografie.